Vorrei introdurre questo argomento partendo dalla Carta dei diritti dei bambini e delle bambine nello sport (UNESCO, 1992), fatta propria da molte federazioni e società sportive, che tutti coloro che si occupano di sport giovanile dovrebbero rispettare. I diritti sono i seguenti:
- Diritto di divertirsi e di giocare come un bambino
- Diritto di fare lo sport
- Diritto di beneficiare di un ambiente sano
- Diritto di essere trattato con dignità
- Diritto di essere allenato e circondato da persone qualificate
- Diritto di seguire allenamenti adeguati ai propri ritmi
- Diritto di misurarsi con giovani che abbiano la stessa probabilità di
successo - Diritto di partecipare a gare adeguate
- Diritto di praticare il suo sport nella massima sicurezza
- Diritto di avere tempi di riposo
- Diritto di non essere un campione
In questo mondo ipercompetitivo che non accetta debolezze e sconfitte spesso ci dimentichiamo di questi diritti in particolare dell’ultimo. A tal proposito mi piace citare Pasolini che fa un meraviglioso elogio alla sconfitta …
” Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo
In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare…. A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.
“Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…”
Pier Paolo Pasolini